Lo sguardo lontano è il nuovo libro di don Mario Vatta.
«È la duecentesima volta che vi scrivo, cari lettori, da questa rubrica». Nel maggio di quest’anno, don Mario Vatta ricordava così il traguardo raggiunto dallo spazio che cura (a settimane alterne) sulle pagine domenicali del quotidiano Il Piccolo di Trieste: Buona domenica. Sottotitolo: Trieste, volti e storie.
Duecento volte. Un numero notevole: è lecita una breve riflessione. Un percorso iniziato nel luglio del 2006 e che continua tuttora non può limitarsi ad essere un appuntamento con i lettori per raccontare storie, esporre analisi o meditazioni. Perlomeno, non solo. È necessariamente qualcosa di più. In uno degli ultimi articoli pubblicati sulla rubrica, don Mario si chiede cosa possa fare un “vecchio prete” (così ama spesso definirsi). Si risponde: «Ascoltare, accompagnare e pregare». Lasciando l’ultima azione alla sua dimensione più propria, attraverso Buona domenica, in questi anni, don Mario ha ascoltato (osservato, indagato, guardato) ed ha accompagnato (riflettuto, suggerito, denunciato). Ha dialogato. Nel senso più sostanziale del termine. E non è stato un dialogo “ad una via”, ma un confronto empatico ed aperto attraverso le parole.
I quarantanove articoli riuniti in questo volume completano quelli apparsi nelle due raccolte precedenti (Buona domenica – Trieste, volti e storie e Il cammino accanto – Ancora buona domenica, ed. Lint). Brevi scritti dettati da sensazioni, fatti, storie (quasi tutte con la s minuscola) che don Mario raccoglie, annota e racconta nelle duemilatrecentododici battute a sua disposizione. Brevi spezzoni di quotidianità. Semplici. A volte, apparentemente, insignificanti (almeno per le consuetudini odierne: abituate a storie straordinarie, dove le persone devono diventare personaggi). Da tutte queste sollecitazioni, don Mario invita il lettore ad uno sguardo lontano. A traguardare i gesti e le vicende di ogni giorno verso un orizzonte meno prossimo. Leggere i “segni dei tempi” per sapersi orientare verso il futuro che ci attende. Da storie raccolte negli autobus affollati, da racconti ascoltati nel corso di telefonate, dalle sensazioni provate davanti ai vari volti della natura, da vicende personali (difficili, comiche, ordinarie)… da tutto questo campionario di vita don Mario trae spunto per volgere lo sguardo anche oltre il presente. Per questo motivo, i giovani ed i bambini sono spesso presenti nelle sue narrazioni. Quelli a cui il futuro appartiene (o dovrebbe appartenere) con maggiore diritto. «Nei giovani ripongo la mia fiducia di ogni giorno».
Come poi don Mario trovi, nell’orizzonte più o meno lontano del futuro, segni di speranza e di fiducia è una questione che dovrebbe interpellare i suoi interlocutori. «Ho voglia di urlare, con la forza della fiducia nella bontà dell’uomo, nel suo saper immaginare un futuro migliore».
Una possibile risposta può annidarsi in un’altra “parola d’ordine” presente nei messaggi di don Mario: coraggio. Forse una parola decisiva: «Coraggio, probabilmente, è la parola chiave che può rendere meno buio il nostro procedere nell’arco delle ventiquattro ore. Coraggio vuol dire accettare di essere molto concreti. Coraggio significa, per noi adulti, aver capito che uno dei nostri compiti è guardare il mondo dei giovani con consapevolezza e responsabilità senza limitarsi ad analizzare gli errori del passato. Coraggio significa credere e andare avanti».