Piccoli adulti…
Facciamo il tifo per loro
di Paola Spinelli (insegnante volontaria “Non uno di meno – Scuola Smac”)
4 agosto 2021
È sempre così, è normale: ogni volta che sul giornale si parla di una persona a noi cara, di una situazione che conosciamo bene, la mescolanza di verità parziali e stereotipi giornalistici ci disturba, ci fa infuriare. Ma la sensazione di straniamento diventa devastante quando in cronaca finisce qualcuno dei nostri ragazzi della Scuola Smac*. Non voglio parlare dell’ultimo, dolorosissimo caso, non è ancora il momento.
Tuttavia la morte di un adolescente di sedici anni spinge tutti noi a interrogarci fino allo sfinimento, a ripensare ai ragazzi che abbiamo incontrato, a quelli che abbiamo salutato al termine del loro breve tragitto allo Smac, e a quelli che non siamo riusciti a trattenere e che abbiamo perso nuovamente, come già la scuola statale prima di noi. Quelli che la città sazia e compiaciuta di sé non vede e neppure riesce a immaginare.
Pochi anni di vita e già un passato pesante, di fallimenti e violenze, subite o assistite. Figli in molti casi di genitori bambini, a loro volta bisognosi di aiuto, questi ragazzi smarriti, affamati d’amore, diffidano degli adulti, incapaci di ascoltarli, e si mostrano rabbiosi e ribelli oppure, ed è peggio, passivi e lontani, chiusi in un universo inaccessibile (per poi, all’improvviso, spiazzarti con la loro voglia di tenerezza).
Dormono pochissimo, passano la notte persi nei loro smartphone, nessuno a casa controlla i loro ritmi, né la sveglia mattutina per venire a scuola (impresa titanica, talvolta impossibile). Piccoli adulti che cercano il modo di cavarsela, di attutire il proprio dolore come possono, da soli o insieme ad altri come loro. E le sostanze, o lo sprofondare nell’abisso del mondo virtuale, sono sirene potenti, non giochi pericolosi di adolescenti inconsapevoli. Di più: sono analgesici.
I ragazzi non sanno fino a che punto facciamo silenziosamente il tifo per loro, mentre parliamo di storia e matematica, e quanto inadeguati suonino alle nostre stesse orecchie gli insegnamenti che impartiamo, a fronte di vite che andrebbero cambiate radicalmente nel resto delle ventiquattro ore. E allora anche noi facciamo quello che possiamo, proviamo a convincerli che sappiamo ascoltarli, cerchiamo di aprire ai loro occhi sprazzi di bellezza che non hanno mai visto, di mostrare cosa possano i loro corpi, quanto sapienti siano le loro mani, quanto lontano possano portarli i loro piedi, quanto possa essere semplice stare insieme e ridere. E intanto ripensiamo a tutti i visi bambini che abbiamo incontrato, agli uomini e alle donne che sono diventati, formulando l’auspicio che il destino regali loro anni migliori di quelli che hanno vissuto nella loro infanzia senza magia.
*Scuola Smac è il modo in cui i ragazzi chiamano il progetto “Non uno di meno”, un progetto promosso dal Comune di Trieste, contro la dispersione scolastica che accompagna ragazzi sotto i 16 anni in conclamato abbandono scolastico, al conseguimento della licenza media.